Nell’ottobre del 2007 ho iniziato un diario di fantasia seguendo le regole di un’intuizione di gioco di ruolo per blogger, da me redatte all’inizio dello stesso anno. Blog di Ruolo è sostanzialmente una riflessione sul fenomeno blog e sulla sua applicabilità nei giochi di rappresentazione. Seguendo questa linea di pensiero, ho creato molte pagine virtuali. Reporter dal Futuro è stata senz’altro una delle più affascinanti.
George è un blogger del futuro che ci parla attraverso un programma capace di far viaggiare nel tempo l’informazione. Uno sguardo verso nuove fantasie della rete, abbracciando Gibson e provando a spingersi oltre…
Il mio nome è George, e non ha importanza il resto. Questo sarà l’appellativo con il quale potrete chiamarmi.
Tre giorni fa mi trovavo al trentottesimo livello della matrice, vicino ai confini dell’Underground, la zona ormai fuori controllo del sistema. Molti agenti pattugliavano le entrate e le uscite di quel territorio arido, capace di attirare qualche utente solo attraverso i servizi di “virtual-get-togheter” a basso costo, una via di mezzo tra un videogioco e le antiche filosofie new-age.
Comunque non mi trovavo laggiù per quel motivo. Dovevo incontrare Karin, un operator del sottosuolo che avevo contattato per caso attraverso una cripted-chat degli alti livelli. Mi aveva accennato del progetto HGW, e la cosa mi aveva incuriosito. Non poteva addentrarsi in particolari, era troppo rischioso. Mi disse che se ero interessato avrei dovuto incontrarla di persona (si fa per dire!), e così sono sceso.
Karin era un flusso di luce porpora. Mi fece strada attraverso una foresta schermata, un luogo di cui gli agenti non conoscevano neanche l’esistenza. Entrammo nell’Underground attraverso il tronco di una quercia, che dall’altra parte altro non era che il tombino di un vicolo buio e maleodorante.
Camminammo per un po’ attraverso le pozzanghere della città di Tintaboo. Non potevo fare a meno di notare le finestre illuminate degli alti edifici ai lati della strada, intuendo le perversioni che vi si consumavano al loro interno. Questo era il sottosuolo del sistema, il luogo della scelleratezza, il luogo della libertà.
Entrammo in un bar. Il neon azzurro lampeggiava lungo ogni spigolo dell’edificio, i tavoli erano intrecci di laser cremisi. Veniva servito “pulsion” sotto forma di drink; alti bicchieri colmi di una sostanza verdastra, poco raccomandabile, e un ombrellino di carta colorata. Ne ordinammo due.
L’ultima volta che ho gettato in pasto al mio sistema neurale del sano “pulsion”, mi sono rinchiuso per due giorni interi a piangere nello sgabuzzino di casa della mia donna. Un’esperienza magnifica!
Lo sorseggiai piano, e ne lascia più della metà.
Lei mi parlò del progetto. Il suo avatar aveva finalmente preso le sembianze di una donna. Il porpora era rimasto solo sui suoi vestiti di lattex.
La piegatura del tempo nel sistema era il progetto più ambito di alcuni ricercatori outlaw, programmatori un tempo rispettati ed oggi costretti a muoversi nei meandri del sottosuolo. Ne avevo sentito parlare, ma non lo ritenevo possibile.
Nel mondo reale il mito della macchina del tempo aveva intrattenuto generazioni di uomini, ma oggi anche le industrie del divertimento più cheap esitavano a utilizzare un cliche del genere per il loro mercato. Welles era morto e sepolto.
Ma che il tempo potesse essere distorto all’interno della matrice era ancora un argomento intrigante per i gossiper e i cospirazionisti perdigiorno. Molti credevano che il governo stesse già influenzando il passato e il futuro attraverso dei software capaci di aprire degli accessi temporali. Storie fittizie. Favole della rete.
Ma era proprio questo che Karin mi stava proponendo. Lei aveva il software ed era pronto a consegnarmelo. Lo avevano chiamato HGW, in onore dello scrittore inglese.
Secondo i programmatori era impossibile utilizzarlo dentro l’Undreground, a causa della Grande Schermatura Esterna, il sistema difensivo eretto dalle Corporations per ghettizzare il popolo libero della matrice. Solo un operatore dei livelli superiori poteva provare a testarne la sua efficacia, non senza qualche rischio.
Karin non mi disse perché avevano scelto me, ma di sicuro mi stavano dietro da tempo. Qualcuno negli inferi mi conosceva molto meglio dei Signori del Controllo dei piani alti.
Ho impiegato tre giorni a schermare lo schermabile, a codificare il software e a farlo girare sordamente nel mio server. Credo di esserci riuscito.
Credeteci oppure no, ma queste sono le prime righe di un Reporter dal Futuro.
Vi mostrerò la strada che state percorrendo, e il luogo in cui siete diretti, e vi assicuro che non vi piacerà affatto. Ma forse siete sempre in tempo a cambiare direzione.
George
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