martedì 1 settembre 2009

EHI, RAGAZZO



La serata la stavo passando insieme al Pingue, un amico di sbornie. Guardavamo la televisione del circolino, sprofondati nelle sedie di plastica, quelle economiche da giardino. Io mi sorseggiavo una china, lui un fernet. C’era il notiziario delle otto, quello dove s’inventano le notizie, per capirci. Il sapore della muratti mi aiutava a rilassarmi. Brusii confortanti dalla sala biliardo, rumori di bicchieri appena usciti dalla lavastoviglie, il calcio balilla preda di una mandria di ragazzini. Era una serata perfetta. Anche la faccia di Mimun mi divenne all’improvviso simpatica. Il mio mondo. Piccolo, per qualcuno forse squallido, ma a me piaceva. Mi sentivo a casa.
Ora, io sono un tipo parecchio tranquillo. Davvero, non farei male a una mosca. Infatti quando in estate mi entrano quei tafani in camera da letto, io non li uccido. Preferisco farli uscire dalla finestra. Mi fa senso, non so se mi spiego…
Comunque, quello che voglio dirvi è che sarei capace di bere tutta la notte e rimanere placido come una mucca indiana. Potreste prendimi in giro per delle ore, e non avreste da me la benché minima reazione. Tuttavia, succede a volte che mi prendono questi raptus. Perché c’è una cosa che non sopporto proprio; la prepotenza.
Insomma, vi dicevo. Eravamo io e il Pingue sulle sedie di plastica. Il TG era alla fine. Davano i numeri del superenalotto. Il mio amico tira fuori la schedina ed impreca un paio di volte sottovoce. Gli era entrato un misero due.
D’un tratto arriva questo qui, e senza chiedere nulla a nessuno cambia canale. “ Oh, c’è striscia…”, sussurra. Come se quelle tre parole potessero spiegare il suo gesto.
Io guardo il Pingue e il Pingue guarda me. Rimaniamo così, un fotogramma alcolico da cinquecento lire. Ah, le vecchie care lire… Intanto Greggio incomincia a sparare cazzate!
Il tipo col telecomando in mano non è piccolino. Forse trent’anni, tirato di lucido, almeno un’ora di palestra al giorno, svalvolato il giusto da quella robaccia che si rimedia da Dado, lo stronzo che fa finta di giocare a biliardo. Io non lo sopporto. L’ho visto un paio di volte avvicinarsi ai ragazzini del calcio balilla. Quelli c’hanno si o no quattordici anni. Menomale che sanno il fatto loro. Non hanno perso tempo a mandarlo a cagare.
Non conosco bene il tipo, ma l’ho visto un paio di volte bazzicare il banco del bar. Camparino corretto a gin, se non ricordo male. Gli occhi lucidi cercavano il culo della figlia di Aldo, il proprietario. Non vi mentirò. La Giorgia ha proprio un bel didietro. Comunque il suo nome non mi viene proprio, perciò mi rivolgo a lui in questo modo:
«Ehi, ragazzo! Ci rimetti il TG per piacere?»
Lui non mi guarda neanche, preso com’è dal balletto delle veline.
Il Pingue a questo punto si alza e va a prendersi un altro fernet. Appoggia il bicchiere vuoto sul tavolino davanti a me. Mi guarda. Ci siamo intesi. Anch’io voglio un’altra china. Ne avrò bisogno.
Lo sapete vero dove si serve il fernet? Li conoscete quei bicchieri, no? Sono quelli col fondale spesso. Tre o quattro centimetri di vetro smussato. Io a casa ci schiaccio le noci.
«Ehi, ragazzo! Guarda che tra poco c’è lo sport…”
Ma lui fa finta di niente. Ride all’ennesima battuta di Iacchetti. A me quello lì non mi ha mai fatto ridere. Però si tromba la bionda, perciò tanto di cappello. Davanti alla fica siamo tutti fratelli.
«Su ragazzo, passami quel telecomando!» Il tono della mia voce rimane calmo. La mucca indiana, avete presente? Ciononostante, da che mondo è mondo, più di tre avvertimenti non si danno. Ho ragione o no?
Lui intanto rimane immobile. Il sorriso ebete stampato in faccia e gli occhi sempre più lucidi. Si prende anche il tempo di accendersi una sigaretta.
Poi parte il bicchiere.
Il resto della storia? Una bellezza. Urla, imprecazioni, l’ambulanza, la polizia, che però mi conosce e conosce anche il ragazzo che non sporge denuncia, e poi la gente del circolino che è tutta dalla mia parte. Insomma, meno di un’ora dopo io e il Pingue siamo nuovamente sprofondati nelle sedie di plastica a vederci il commissario Montalbano. Accanto c’è la Giorgia, che passa il cencio sulle macchie di sangue. Il vero spettacolo della serata è sbirciarle la scollatura mentre si china in avanti.
Queste si che sono emozioni!

Tratto dal libro: Un mondo a gambe aperte

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